sabato 14 settembre 2013

Red Wine, Mistakes, Mythology

È martedì sera e mi si chiudono gli occhi.
Sono le 9 e sono ancora a lavoro.
Mi piacerebbe essere ancora qui per l’estrema importanza della mia posizione, importante a tal punto da richiedere la mia presenza ben oltre l’orario d’ufficio.
E invece no. Sono qui perché i delinquents hanno bisogno della balia anche dopo cena, quando vengono a seguire corsi su come imparare a pensare prima di tirare una sberla.
Quello della receptionist per l’ufficio del Probation è un mestiere interessante, certo, ma ammetto i logorio della vita moderna sarebbe meno fastidioso del logorio della reception dei mancati galeotti, per cui l’impegno principale di questi miei ultimi tempi è stato compilare domande di lavoro – un bel cricetone bianco a spasso sulla ruota a ripetere costantemente quanto io sia brava a fare quello che loro richiedono che sia brava a fare.

Vivere con i Britannici non è semplice, tanto meno lo è cercare di farsi piacere abbastanza da assumerti: tu sarai sempre l’Italiana pazza che arriva con i suoi modi di fare un po’ strani, il senso dell’umorismo poco immediato e un accento buffo.
Non ti capiscono, sei un’aliena.
Devo ammettere che ora ho un punto di vista un po’ più ampio sulla vita dell’immigrato in Italia: non è un cazzo facile.
Perché te sei lì, con il tuo bagaglio di tradizioni, cultura, credenze, convinzioni, anche luoghi comuni sul paese in cui sei appena atterrato, e ti trovi questa folla incontrollata di sconosciuti che ti passa ai raggi x basandosi sulle proprie convinzioni e sui propri luoghi comuni e ti giudica.
Esattamente come noi Italiani facciamo con gli stranieri che approdano in Italia, qui sei in mutande davanti alla commissione giudicante per buona parte del tempo.
E sì, sono le mutande con l’elastico molle che ti ha comprato tua madre, nel mio caso con i fiorellini rosa, ascellari e di cotone a costine.






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