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sabato 11 giugno 2011

Charmless man

Ieri sera sono stata abbordata scendendo dalla metropolitana.
Questo mi guarda sottecchi, sul treno, probabilmente convinto che io stia ricambiando il suo sguardo e non cercando di radiografare il manzo al suo fianco, molto carino nonostante una vaga somiglianza con Paul Phoenix, e quando scende mi si avvicina, cambia idea, sale le scale lentamente.. Io cerco di andare oltre, ma il chiacchierare di due galline fianco a fianco mi impedisce la fuga.
E' stata una giornata lunga, sono le nove e mezza di sera, ho fame, ho sete, ho sonno, l'universo mi da fastidio.
Non riesco a scartare di lato il pollaio per cui l'abbordatore mi si avvicina e attacca bottone.
E' anche gentile, glielo riconosco.
Parliamo un pochino mentre io vado verso il binario e penso che sono lusingata, certo, ma vorrei tanto avesse da fare.
Evidentemente no, dato che mi accompagna fino al treno, cercando di convincermi che è l'uomo della mia vita e che non mi lascerà mai.
Certo, mi conosci da cinquecento metri, perché dovresti lasciarmi?
A nulla valgono le mie ragioni a non volere il suo numero: gli piaccio, ha deciso che staremo insieme tutta la vita, che posso rinunciare ai miei progetti - un po' romanzati, lo ammetto - che non sarà una delusione, che non staremo insieme "solo un anno" ma che non mi lascerà mai.
Neanche quando gli faccio presente che è un po' prematuro prendersi questo impegno cede, anzi, è un po' piccato perché non gli do fiducia e arriva addirittura allo stupore quando gli dico di non volere un fidanzato.
Cosa cosa cosa??? Non è possibile!
Tenta ancora qualche volta di convincermi a fidanzarci, mi accompagna a prendere una bottiglietta d'acqua e ci separiamo,  lui per la sua casa in prestito ad Assago, io per il mio viaggio verso casa.
Sarebbe meraviglioso fosse finita qui: io che addirittura scrivo un post per celebrare l'evento e lui che aspetta (in vano, confesso) che io lo chiami probabilmente fino alla prossima donna della sua vita sulla metro verde.
Invece no, scovo 5€ accartocciate nella borsa e decido che mi premierò con una focaccina, mi avvio verso la macchinetta sul binario 19 e lo vedo che torna e riparte alla carica.
Tu mi piaci, staremo insieme per sempre, ma perché vivi da sola? vengo io a vivere con te (eeeh?! ma io sto BENE da sola! non ti voglio!), ma io sono bravo, ne vale la pena, non ti pentirai.. pare un disco rotto che fino a quel momento sembrava simpatico, ora inizia ad infastidirmi, anche perché mi tocca. Io odio essere toccata, soprattutto da chi non conosco e che mi sta impedendo di raggiungere il mio treno e addormentarmi alla seconda riga di Harry Potter.
Cerco di sganciarlo, e sale sul treno con me, si siede davanti a me a patto che io abbassi la voce e riparte con il sermone sulla nostra favolosa vita insieme,  discorsone che io cerco di tagliare facendogli presente che sta diventando fastidioso.
Ora, non sono una stronza.
O meglio, lo sono, parecchio, ma non del tipo che ti ignora se le rivolgi la parola sulla metropolitana.
Neanche di quelle che  ti mandano affanculo in malo modo se non interessate.
Sono gentile, sono cortese, sto al gioco, sono ironica ma non apprezzo gli sconfinamenti.
Quindi.. perché insistere? Perché pensare che se sarai abbastanza cocciuto io ti cambierò idea? Cosa ti fa pensare che l'essere tedioso ti farà guadagnare i miei favori?
Devo forse pensare che in quanto donna mi ritieni incapace di prendere una decisione diversa da quella che tu prenderesti per me?
Ti do forse l'impressione di non aver capito da che parte sono voltata e di aver bisogno una costante e martellante pressione per dirigermi verso la giusta via?
Se ti dico "no", è "no", non è un "no che vuol dire sì", non è un "no ma se insisti diventa sì", non è un "no perché voglio pensare di essere capace di dirtelo ma sotto sotto è un sì", è un "no" che non cambia idea perché insisti, anzi, è ancora più "no" se insisti.


mercoledì 13 gennaio 2010

On a plain

Una cosa che faccio spesso ultimamente è lamentarmi.
Quando mi chiedono "Come va?" la mia risposta è costante: "Bene, anche se sono un po' stanca" e se il mio interlocutore fa il grave errore di approfondire, eccomi a srotolare tutta una serie di lagne perché lavoro troppo, perché i soldi non mi bastano per fare tutto e risparmiarne, la casa che è un casino, i vestiti che non si lavano da soli eccetera. E pensare che, anche se non ci si crede, non mi piace lamentarmi, non mi piace sentire la mia boccaccia che elenca cose che non funzionano.


Nei mesi passati ho fatto un sacco di training per imparare a contare fino a tre, mentalmente, e poi rispondere con sincerità che fondamentalmente è tutto ok.
E' così, davvero: ho un lavoro, una casa, non vivo più con I miei, sono autosufficiente, sto bene.
Ottimismo, dannazione, non ha mai funzionato questo bicchiere mezzovuoto che fa tanto emo, proviamo con la psicologia inversa.

Comunque, mi lamento, dicevo, perché sono stanca e quando sono stanca mi sembra che tutti pretendano che io faccia qualcosa per loro, che io mi sdoppi – l'obiquità sarebbe perfetta – per stare dietro ad ognuno. E lo so che la privazione di sonno risveglia le mie piccole manie di persecuzione completamente infondate.
Allora ho fatto una cosa che non faccio da tempo, stasera: ho spento il telefono verso le 6.30 e ho cucinato. Ho messo su un bel pentolone d'acqua con il cavolfiore, poi l'ho scolato, ci ho cotto le patate – l'acqua non va sprecata! - ho frullato tutto e mi sono mangiata un a bella zuppa di cavolfiore e patate guardando C.S.I.
Adesso sono qui, sono le 9.45, finisco la mia tazza di te, spengo questo simpatico supporto informatico e vado a letto. Senza accendere il telefono.
Non me ne vogliano quelli a cui ho detto: "Perché non ci becchiamo mercoledì?!"

Domattina potrò così alzarmi, brontolare un po' perché fa freddo e non ho voglia di andare in quel brutto posto che è Milano, prendere macchinatrenometropiedi, bermi un caffé in uno di questi bar milanesi blasonati, con i profili dorati e l'aria d'altri tempi, con il cassiere imbalsamato più antipatico della storia, probabilmente ancora lì dal crollo della borsa del '29, e pensare che magari dopo il lavoro vado a farmi una birra.

(Ah, per chi volesse aggiornamenti: oggi pomeriggio ho finito "Eclipse"... awwww!)

mercoledì 4 novembre 2009

Welcome to the Cruel World

In sottofondo vorrei una canzone del Re, perché il rock’n’roll per tanto tempo è stato solo Elvis, i suoi completi bianchi e la brillantina per capelli, seduta sul divano con una tazza di tè fumante in mano.Sabbia è chiuso: ho riempito tutte le pagine di quell’album di fotografie e l’ho sistemato sul ripiano alto della libreria, in attesa di una giornata di pioggia per riaprirlo e perdermi nella nostalgia.
Ora sono qui, con “Can’t help falling in love” nelle orecchie ad inaugurare un nuovo album, non è tempo di nostalgia ora.

Allora, la situazione è questa: ho ventinove anni, sono l’esempio perfetto di precariato senza speranza, nonostante il lavoro che faccio mi piaccia. Sono la (per niente) gentile signorina a cui chiedere il biglietto per una mostra, o alla quale pagare il catalogo. Sono anche il vostro capro espiatorio, ma non preoccupatevi, voi siete il mio. Studio, anche, nei tempi morti.

Ora sono qui, ad allietare la rete con il mio delirio. Felici? Io un po’.