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giovedì 3 febbraio 2011

Puramente casuale

Febbraio è un mese critico per me, un mese difficile, complicato.
Me ne sono accorta la scorsa settimana, ho avuto un'epifania guardando il profilo dell' esselunga di V.: era appoggiato, piatto e liscio, contro un cielo nuvoloso e freddo, acceso con quell'ultima abat-jour che è il sole delle cinque e un quarto di gennaio.
La rivelazione che mi ha fatto l'esselunga è stata proprio quel cielo chiaro, quelle nuvole visibili e quella consapevolezza che le giornate s'allungano ogni giorno di più.
Bella scoperta.
Sì, certo, ma io sono inquieta, nervosa, friggo come una polpetta.
Friggo perché è come se la luce stiracchiandosi finalmente arrivasse a toccarmi, a spingermi, a prendermi a calci perché io faccia qualcosa, perché smetta di restare qui con le mani in mano a sgranare questi giorni umidicci mentre penso che potrei essere a.
A casa a studiare, a vedere un film, a fare il bucato.
A bere un caffé con un'amica, a vedere un museo, a fare l'amore.
A Suva in un parco, a Perth a guardare il Qeensland nelle notizie della sera, a Wellington a prendere un biglietto per un traghetto.
Ora, quella dell'esselunga di V. è una rivelazione farlocca, so anche io che vorrei tutte queste cose in ordine sparso, non mi serve il cielo color ratto sbiadito, ho le mie manie masochiste, come visitare il sito di Star Alliance dove mi preparo il preventivo online di un biglietto per il giro del mondo, o ricordare alla mia amica Fra che dobbiamo andare alle Hawaii.
Ma febbraio ogni anno mi ricorda che l'inverno finisce e che è tempo di moversi, di fare, e io non lo sopporto più.
Possiamo saltarlo e andare direttamente a metà marzo, così non devo neanche festeggiare il mio compleanno?


lunedì 5 aprile 2010

Dust in the wind

E' tutto il pomeriggio che tento di scrivere qualcosa di interessante, ma mi viene male. E' che sono al lavoro, gli occhi mi bruciano perché passo troppo tempo davanti a questo pc, ho bisogno di un caffé ma non ho nessuna voglia di lamentarmi.
Vorrei condividere qualcosa di positivo, su questo blog.
Il libro che sto leggendo, per esempio.
Per questo libro, innanzi tutto, devo ringraziare Giulia che me l'ha consigliato perché è stata una specie di rivelazione. Non che mi dicesse cose che non sapessi già, ma è una sorta di spinta spirituale di cui avevo bisogno.
E' un libro che parla di meditazione, di zen, di buddhismo e di surf. 
Il sottotitolo è "La ricerca di un surfista per trovare lo Zen nel mare", o qualcosa del genere.
Sì, proprio il genere di discorso fricchettone (o freakkettone?!) che avrebbe fatto lui, Bodhi, l'uomo che rapinava le banche per poter passare il tempo a ricercare l'onda perfetta, in "Point Break".
Il libro, sostanzialmente, è una serie di aneddoti che raccontano il percorso che ha fatto l'autore per... non lo so. Non lo so perché non l'ho ancora finito.
Ma, come dice lui stesso, e come dirà ogni dannato fricchettone viaggiatore spiritualmente perso in meditazioni prodotto di periodi troppo lunghi lontani dalla civiltà conosciuta, l'importante è la strada, non la meta.
Ah, tra i dannati fricchettoni ecc. ecc. ci metto anche la sottoscritta. E ci metto anche il mio aneddoto personale, perché me lo ricordo il momento in cui l'ho capito. 
Ero su un pullman, tra Taupo e Wellington che ha iniziato ad inerpicarsi sulle montagne, le ha oltrepassate, è sceso a valle e mentre le guardavo allontanarsi è iniziato quello che io ho percepito come un deserto. 
Era il bush. 
Ora, non sono assolutamente certa che fosse proprio il bush, che fossero cespugli bassi in una distesa arida, perché la Nuova Zelanda arida proprio non la è, ma resta che per me quello era un deserto. 
E lì ha iniziato, come fosse la prima volta, a battermi il cuore: era questo che volevo, il deserto. Nelle mani, nello stomaco, tutto ciò che avevo bisogno era terra arida e cespugli bassi. Non aveva più tanta importanza essere diretta a Wellington, andare a visitare la capitale, poi prendere un traghetto, un pullman, un treno e continuare il viaggio. Ero già dove volevo essere.
Questo non ha fatto sì che mi catapultassi fuori da un pullman in corsa, ci sono andata, poi, a Wellington. Il punto è che finalmente quello che aveva importanza era la strada, l'emozione, la frenesia di scoprire qualcosa che non ti aspetti, non sapere che dopo le montagne, dopo i prati, dopo gli steccati e tutte quelle pecore, quello che ti aspetta è un deserto.