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venerdì 14 ottobre 2011

Immigrant song

Della mia decisione di andarmene dall'Italia, ovvero uno dei miei buoni motivi.

Non voglio scrivere un ennesimo sproloquio sulla crisi, sulla difficoltà a trovare lavoro in Italia, sulla disoccupazione, solo raccontare come ho maturato questa decisione.
Scena I – INTERNO GIORNO. UFFICIO TASSE DELL'UNIVERSITA'.
Impiegata: “Mi spiace, ma il tuo reddito è troppo basso. Non puoi iscriverti. Quello che devi fare è ricalcolare il reddito in base alla dichiaraizone del responsabile del tuo mantenimento..”
Io: “Ma.. ce l'ha davanti. Sono io il responsabile del mio mantenimento”
Impiegata che sembra sinceramente dispiaciuta: “Eh, lo so..”
Guardo il mio cud: il Barbapapà,  l'essere umano orribile per cui ho lavorato per quattro anni di cui con fatica mi sono liberata, non ha dichiarato che un terzo del lavoro che ho fatto per lui. Già, il contratto a progetto non dice che ci ho messo dieci mesi invece dei tre che lui dichiara per concluderlo, così lui paga le tasse per tre mesi e i restanti setti me li prendo io nell'innominabile.
Scena II – INTERNO GIORNO, CASA MIA, SONO AL PC SENZA PAROLE.
Facebook instant messaging
Monica: “Hey! Che fai?”
Io: “Mah.. niente di che. Tutto ok?”
M.: “Stamattina ho conosciuto i ragazzi nuovi del bookshop.”
Io: “Ah, mi fa piacere che A. non abbia fatto neanche lo sforzo di comunicarmelo.. spero siano simpatici..”
M.: “Sono un ragazzo e una ragazza, più un terzo che fa qualche ora. Lui sembra di sì... Sai, i ragazzi di solito sono meno rompipalle... Lei  non so, vedremo..”
Io: “Boh, vi auguro che lo sia..”
M.: “Ma tu non provi a sentire A.?”
Io: “Ci ho provato, ma non mi ha risposto.. Non posso certo tempestarla di messaggi.. Anche D. avrebbe dovuto farmi sapere..”
M.: “Passerai comunque a trovarci?”
Io: “Mah, a dire il vero mi girano un po' le palle.. E' un mese che le chiedo di farmi sapere.. Ci fosse uno che mi risponde!”
Scena III – ESTERNO NOTTE, IN MACCHINA.
Stiamo rientrando, saranno le due di notte. Io e A. abbiamo appena finito di fare un inventario con altre persone, tutti vestiti uguali, tutti con il cartellino con il nome e la foto. Sono venti minuti di strada, per fortuna non c'è nessuno e faremo in fretta.
E' la terza volta che veniamo fin qui: prima un'ora di addestramento, poi la firma del contratto, ora il lavoro vero e proprio. Ah, tra un mese si viene a prendere l'assegno.
Quattro viaggi per 48 euro ed essere trattati con un po' di sufficienza se chiediamo l'accredito per evitare un altro giro e altri quaranta minuti di strada.

Fondamentalmente me ne vado perché mi sento presa per il culo.


mercoledì 10 agosto 2011

Cornflake girl

Un anno fa ero esattamente al punto in cui sono ora: in procinto di partire.
E vado nello stesso posto!

I sogni sono rimasti gli stessi.. ma non mi sento come cristallizzata. C'è stata un'evoluzione, una liberazione: più libri letti, alcune cose imparate, il gatto è cresciuto.

Ora sono ancora seduta sul divano, è la prima volta che parto tanto tardi da potermi godere il pranzo a casa e un paio di puntate di serial tv prima del volo.

La vera differenza, rispetto all'anno scorso, è che non so davvero se torno a questo giro.



martedì 15 febbraio 2011

Surfin' Safari

Vi è mai capitato di fare un viaggio in treno leggermente ubriachi? Con la testa leggera lasciarsi cullare dalle leggere oscillazioni del vagone?
Ho preso una decisione, ubriaca e cullata da un treno che mi riportava nell'uggiosa cittadina borderline, mentre mi godevo il borbottio in sottofondo di un ubriaco che pensava che fossimo in metropolitana: quest'anno sarà l'anno delle concessioni.
Sono arrivata su quel treno pervasa di benessere per una concessione che mi sono fatta, quindi, perché non continuare sulla morbida china del consenso?
Il rischio più grande è di farsi prendere dall'entusiasmo del piacere effimero e farsi sfuggire di mano la situazione, lasciarla franare nel baratro dell'eccesso licenzioso e vizioso, o vederla implodere in un danno strutturale, certo.
Ma tra l'austera sobrietà e il collasso delirante le sfumature sono molteplici e le possibilità numerose, infondo sono un po' annoiata da questo mia abilità conservativa nei confronti del resto del mondo, di questo ostinato pudore decoroso, di questa asettica riservatezza.
Predico bene ma razzolo male, in sostanza.
Agli altri concedo il beneficio del divertimento, dell'amoralità ludica e io me ne privo senza strappi alla regola, ancora lì ad ascoltare il mio autogiudice interno, la vocina nella mia testa che non mi dirà di prendere a randellate il dirimpettaio, certo, ma che scuoterà il testone legnoso ad ogni prospettiva sorridente seppur equivoca che mi si presenterà davanti.
Sarà il caso che la versione inacidita di Higgins che mi abita dentro si rifugi in piscina con una batida in mano e Sansone e Apollo al suo fianco perché io salterò sulla Ferrari, ingranerò la marcia e sparirò all'orizzonte.


giovedì 3 febbraio 2011

Puramente casuale

Febbraio è un mese critico per me, un mese difficile, complicato.
Me ne sono accorta la scorsa settimana, ho avuto un'epifania guardando il profilo dell' esselunga di V.: era appoggiato, piatto e liscio, contro un cielo nuvoloso e freddo, acceso con quell'ultima abat-jour che è il sole delle cinque e un quarto di gennaio.
La rivelazione che mi ha fatto l'esselunga è stata proprio quel cielo chiaro, quelle nuvole visibili e quella consapevolezza che le giornate s'allungano ogni giorno di più.
Bella scoperta.
Sì, certo, ma io sono inquieta, nervosa, friggo come una polpetta.
Friggo perché è come se la luce stiracchiandosi finalmente arrivasse a toccarmi, a spingermi, a prendermi a calci perché io faccia qualcosa, perché smetta di restare qui con le mani in mano a sgranare questi giorni umidicci mentre penso che potrei essere a.
A casa a studiare, a vedere un film, a fare il bucato.
A bere un caffé con un'amica, a vedere un museo, a fare l'amore.
A Suva in un parco, a Perth a guardare il Qeensland nelle notizie della sera, a Wellington a prendere un biglietto per un traghetto.
Ora, quella dell'esselunga di V. è una rivelazione farlocca, so anche io che vorrei tutte queste cose in ordine sparso, non mi serve il cielo color ratto sbiadito, ho le mie manie masochiste, come visitare il sito di Star Alliance dove mi preparo il preventivo online di un biglietto per il giro del mondo, o ricordare alla mia amica Fra che dobbiamo andare alle Hawaii.
Ma febbraio ogni anno mi ricorda che l'inverno finisce e che è tempo di moversi, di fare, e io non lo sopporto più.
Possiamo saltarlo e andare direttamente a metà marzo, così non devo neanche festeggiare il mio compleanno?


mercoledì 12 gennaio 2011

Clint Eastwood

Il 2011 tutto sommato è iniziato abbastanza bene.
Stavo trotterellando per una sala gremita di gente, il 31 dicembre, quando è scattata l'ora X, davo una mano – senza fare danni! - in un ristorante da 60 coperti in bassa collina e stavo bene ad asciugare montagne e montagne di bicchieri.
Ho anche fatto, ad inizio anno, una cosa che non facevo da tempo e che rappresenta davvero un buon miglioramento rispetto al trend solito, vero Uic?!
Mi dicono che anche gli oroscopi sono favorevoli, quello di Rob è sempre un po' criptico (Rob, gioia, “assicurarti che i tuoi desideri tengano gli occhi ben aperti. “ non è esattamente un consiglio all'acqua di rose..), e se altre calamità non si frappongono tra me e il buonumore, potrebbe essere anche un buon anno.
Che, detta al 12 di gennaio, potrebbe apparire asserzione incauta, ma voglio essere ottimista e pensare che tutto volga al meglio.
Il mio Karma ne ha bisogno.
Non farò la lista dei buoni propositi, diciamo che ci sono un paio di cose che mi piacerebbe concretizzare, come dare un taglio agli esami all'Università, stabilizzarmi con il lavoro quel tanto che mi permetta di prendere impegni a medio termine, ascoltare generi musicali che non conosco e magari aggiornare il blog con regolarità.
Direi che non ci vuole un impegno disastroso. Solo un po' di marziale autodisciplina.


venerdì 3 dicembre 2010

Curre curre guagliò

Mi sento molto solidale con le manifestazioni degli studenti in questi giorni, secondo me hanno ragione, anche se il cinismo che mi sono guadagnata negli anni non mi permette di essere molto speranzosa verso esiti positivi di queste proteste.
Comunque sia, sono contenta di vedere che qualcosa si muove nelle loro piccole linde coscienze e che non fanno spallucce mentre aggiornano il loro status di facebook via cellulare “perké nn puoi kapire l'angoscia.

Martedì arrivo a Milano Rogoredo in metro per prendere il treno e tornare a casa: un omone mi sorride e mi sconsiglia di salire dal lato della biglietteria, meglio prendere l'altra scala perché c'è una manifestazione.

Salgo e ci saranno una cinquantina di ragazzi sui binari che protestano.

E almeno venti celerini in tenuta anti-sommossa.

I ragazzi stavano occupando pacificamente i primi binari, c'erano almeno altri quattro binari liberi e tutti i treni avevano guadagnato 25 minuti di ritardo mentre poliziotti e altri soggetti non qualificati gestivano la gente accatastata all'ingresso della stazione.

Chiudere tre delle quattro porte d'accesso alla biglietteria forse è stato eccessivo, tenuto conto delle persone che per il freddo erano dentro e che nella malaugurata ipotesi che si potesse scatenare il panico sarebbe stato davvero un macello.

Fortunatamente niente panico, l'unica reazione isterica è stata quella di una ragazza che si è presa la briga di sgridare un paio di studenti inneggiando alla sua dignità, al disagio che creano e alla possibilità di andare a protestare altrove.

Quello che potevo raccogliere attorno a me era gran pollaio sull'ora tarda che si stava facendo per tornare a casa, che impennava il mio cinismo ma che non ha certo aiutato i ragazzi nella loro protesta, tanto che se ne sono andati poco dopo sconsolati verso la metropolitana.

I treni, dal canto loro, hanno sviluppato ulteriori ritardi.. per solidarietà, suppongo.

sabato 26 dicembre 2009

Breakfast at Tiffany's

Mi è capitato di perdermi qualche volta, in città grandi che non avevo mai visto, mi guardavo attorno e non riconoscevo i muri e le persone. Andavo avanti per tentativi, fino a trovare qualcosa che conoscessi abbastanza bene da riprendere la mia strada.
Mi è capitato anche di perdermi in posti che conoscevo, e questo mi confondeva, mi faceva girare la testa: andavo avanti ostinatamente perché convinta di sapere bene cosa nascondesse il prossimo angolo ma una volta oltrepassato era di nuovo nebbia.
In questo periodo ho perso un po' la strada, un po' la direzione: mi guardavo attorno confusa e prendevo strade convinta di conoscerle per poi trovarmi in adorabili piccoli chiostri mai visti prima.
Andavo avanti ottusa per vicoli che non mi portavano in nessun posto utile.
Non mi ricordavo dove fossi diretta. Non mi ricordavo quale fosse la mia destinazione.
Poi stasera mi telefona la mia amica Franci che è la mia bussola e mi restituisce la strada, mi rimette a fuoco l'obiettivo per cui ho lavorato fino ad ora e che avevo perso di vista.
Franci è sempre stata quella che mi ha ricordato che ci sono sogni che posso realizzare, per quanto difficile sembri farlo - quando abbiamo iniziato a lavorare insieme lei tornava da sette mesi australiani. E mi ha insegnato a fare una cosa alla volta, per evitare di farmi prendere dall'ansia e dal multitasking selvaggio - quella volta c'ero io, in Australia, a cercare di capire quale fosse la prossima tappa, ed era Auckland, NZ.
E stasera - che al momento della telefonata era ancora il 25 dicembre - mi ha ricordato perché sono ancora qui, anche se ancora per poco, mi ha ricordato che se ho disdetto il contratto d'affitto è perché ci sono cose più importanti di cui devo occuparmi, mi ha ricordato che sono cose davvero importanti, mentre ce ne sono altre che non lo sono affatto, neanche quelle bellissime scarpe che ho visto in vetrina aspettando il 16, e che è per quelle cose davvero importanti che sono qui ad aspettare una scadenza.

giovedì 5 novembre 2009

(Wo)Man In The Mirror

Stamattina me ne stavo pigiata come il mosto dopo la vendemmia in metropolitana, cercando inutilmente di leggere il mio libro incastrata tra la porta e il palo di sostegno del sedile, con il braccio di un tizio appoggiato sulla testa e la valigetta di un'altra tizia inserita nel costato, e meditavo sulla mia tendenza assassina a rivoluzionarmi la vita, senza preavviso e, a volte, senza cognizione.
E' come una pestilenza a cadenza regolare: ogni tre anni, indicativamente, ho bisogno di cambiare TUTTO.

Tre anni fa sono impazzita e mi sono re-iscritta all'Università, mi sono trasferita a Pavia e ho cambiato lavoro. Tre anni prima ho chiesto il visto per partire per la Nuova Zelanda all'inizio dell'anno dopo. Uhm, vediamo... Nel 2000 sono andata a vivere a Parma perché nonostante potessi andare a Milano a fare l'Università, non era abbastanza distante per viverci. Beh, se proprio vogliamo andare a vedere, tre anni prima, a diciassette anni per capirci, mi sono fumata la mia prima canna. Ma forse questo non lo potevo scrivere...
Vabbé, tutto questo perché la vita è ciclica, e possiedo il raro dono di incasinarmela coscientemente: inizio a fremere, mi agito e non sto bene da nessuna parte.

Come il mio Nitopino che ha fatto impazzire mia cugina perché il passeggino non gli piaceva e non c'era verso di lasciarcelo seduto. Solo che lui ha 11 mesi.

Ora, il problema è questo: ci sono tutta una serie di motivi (buoni o meno) che mi spingono a disdire il mio contratto di affitto, impacchettare tutta la mia roba e tornare a vivere nella placida e dormiente provincia piemontese da cui arrivo, proprio nel posto dal quale fuggo ogni tre anni (appunto) e al quale torno ogni volta.
Questo mi impone tutto un ciclo di auto-analisi disastroso, ovviamente. Ma anche una seria valutazione dei pro e dei contro, e, per il momento, vincono i pro.
Perché è vero che sono un'incostante, ma è altrettanto vero che in tutti questi anni ho elaborato un progetto, o meglio: il progetto è sempre rimasto lì sotto, latente, e ora vorrei lavorarci un po' su e metterlo in pratica. Non è detto che vada a buon fine, ma non fallisco finché non ci provo.