Visualizzazione post con etichetta concerti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta concerti. Mostra tutti i post

sabato 6 agosto 2011

Diamonds on the inside

Mi piace Ben Harper, mi piace così tanto da decidere di andare a sentirlo suonare all'Arena Civica a Milano, qualche settimana fa.
Scrive canzoni meravigliose, poetiche e piene di energia, con testi impegnati, mai banali: lo odio.
Lo odio perché nella realtà un uomo così non esiste: impegnato, sensibile, con una voce pazzesca e un sorriso luminoso, il tutto montato su un corpo da leggero malore.
Non esiste uno che puoi trovare solamente in un letto bianco, baciato dall'alba che accarezza i capelli della sua donna e l'abbraccia e le sussurra quelle frasi dolci, piene di amore e di speranza.
Non esiste nel mondo reale, rassegnamoci, il mondo reale è pieno di stronzi.
Perché io non voglio pensare che Ben Harper al microfono, alla chitarra, all'ukulele suoni e canti come fa e poi possa macchinare piani diabolici e di sconfinata presunzione a danno di una donna, lui ama la sua donna, lui le dice che niente suona come sentire il suo nome (“Waiting for you”), lui la celebra, dannazione!
Non voglio pensare che le racconti fregnacce per portarsela a letto, voglio dire, lui è Ben Harper, gli basta alzare un sopracciglio, ma quel sopracciglio pieno di parole meravigliose, e di musica suadente e.
Perciò ho arbitrariamente deciso che no, Ben Harper queste cose non le fa, che Ben Harper è corretto, maturo, generoso e rispettoso della sua donna, che non ha niente a che fare con la realtà terrena, Ben Harper vive nel limbo degli uomini irreali.
Purtroppo, molto reali e molto cafoni, invece, erano i geni attorno al mio gruppo-vacanze Piemonte (io, il mio Pigbrother, la cognatuzza, l'amica della mia cognatuzza, e il mio bioamico S.) che hanno sprecato un'ennesima, ne sono certa, ottima occasione per fare bella figura tacendo, stando a  chiacchierare di minchiate per metà concerto, al paio di quelli che sul pezzo cantato senza musica e senza microfono da Ben “polmoni d'acciaio” Harper  hanno intonato canzoncine e coretti da asilo nido.
E poi ti chiedi perché le donne nella realtà sono disilluse.



mercoledì 13 luglio 2011

Madness of love

Di jazz capisco veramente poco, in generale, di musica “alta” capisco poco: jazz, blues, classica.. Sono mari quasi del tutto inesplorati per quanto mi riguarda.
Ho un buon istinto, però, per i concerti e finora quelli che ho visto decidendo di pancia e non di testa mi hanno dato soddisfazioni, per cui ho pensato bene di reclutare due socie che potessero apprezzare il genere e mi sono regalata Raphael Gualazzi.
Avevo un po' di preconcetti, certo: sarà sicuramente il solito artista snob e freddo sul palco, ci farà cadere dall'alto la sua musica eletta e neanche degnerà di uno sguardo questo pubblico di provincia, questo pubblico di provincia sarà freddo e insensibile perché si sa, la provincia inaridisce.
Avevo torto marcio.
Il concerto non è stato un concerto ma una festa, aveva quell'umore che ti davano gli Aristogatti che suonavano “Tutti quanti vogliono fare il jazz” e lui, intimidito dalle attenzioni tra un pezzo e l'altro, sembrava trasformarsi una volta poggiate le dita sul pianoforte, cambiare faccia, attraversato dall'energia e dalla scarica di adrenalina.
Anche il pubblico, con i propri tempi, s'è scaldato: quando il gruppo è rientrato per la seconda volta timidamente s'è alzato ad applaudire, file di signore con la messinpiega e la camicetta di seta emozionate, branchi di paperelle ridacchianti davanti alla transenna quando è uscito dal camerino per firmare qualche autografo.



lunedì 20 giugno 2011

Monkey wrench

Ad un certo punto della mia adolescenza immusonita ho avuto la brillante idea di infilarmi in una camicia di flanella a quadrettoni bianchi e blu, di indossare jeans sdruciti e vecchie adidas distrutte, tralasciare il buonumore e struggermi perché non avrei potuto più acquistare album nuovi dei Nirvana.
Già, s'erano sciolti.
Neanche darmi il gusto dell'attesa.
Un bel giorno, Cobain decide di scappare dalla clinica in cui era stato mandato a disintossicarsi e rifugiarsi nel patio di casa, canna del fucile tra le otturazioni, e via, anni di buona musica distribuiti sul soffitto.
Vedova inconsolata e inconsolabile, vago per negozi di musica più o meno forniti e trovo un nome famigliare.
Dove l'ho già sentito? Dove ho già visto questa copertina beigiolina, questa specie di pistola? Lo compro.

A costo di riversarmi addosso l'autogol dell'atteggiamento da vecchia befana, ricorderò che i tempi erano diversi: c'erano i negozi di dischi, la musica si acquistava sotto forma di ciddì, operazione che prevedeva l'interazione verbale e fisica con un commesso, il pagamento attraverso cartamoneta e il ritorno a casa con la custodia ancora chiusa nella plastica, magari in bicicletta, per poi chiudere fuori il mondo dalla stanza e gustarsi il primo ascolto tramite un arnese di rara bruttezza qual era lo stereo.
Sto parlando più o meno del 1996.

A pensarci mi sembrano passate ere geologiche, neanche secoli: (fortunatamente) ho abbandonato la flanella in tutte le sue declinazioni, ormai butto i jeans lisi e strappati e con malcelata difficoltà anche le vecchie adidas. Sono cresciuta, insomma.
Ma loro ci sono, sempre.
Per questo, in attesa di una conferma di orario da parte del mio socio a delinquere, nel delirio di una telefonata di novità impellenti, quando la Zia Isa mi dice che il socio non mi avrebbe raggiunta ("bellastella, ha mal di denti") decido che sarei entrata lo stesso, che avrei tralasciato ogni indugio e che avrei visto comunque il concerto, anche da sola, senza soldi e affamata.
Loro ci sono da sempre, mi devo fare coraggio: borsa a tracolla entro in quello che a prima occhiata è chiaramente un parcheggio riadattato ad "arena concerti", con il cemento che da la sola impressione di aver visto momenti di raro calore nell'andare del pomeriggio, idea chiaramente disegnata sulle facce stravolte di chi dorme a terra.
I primi venti minuti sono i peggiori: sono da sola, non conosco nessuno, la gente sembra super presa bene e io mi sento la zia sfigata di tutti quei ragazzetti a petto nudo o in costume che si aggirano ridendo per il parcheggio e non faccio che ripetermi "belìn che sfigata che sei" con il tipico accento genovese che affiora quando penso di me cose brutte.
Poi prendo la decisione giusta: bere una birretta.
Non pubblicizzo l'alcol e in periodi di lucidità mentale quella neanche avrebbe il diritto di chiamarsi "birra" semmai "sciacquatura di piatti alcolica" ma sono sola, triste, non ho amici e nessuno con cui condividere quello che per me sarà il concerto dell'anno, cosa dovevo fare a parte aspettare di vedere che l'unico più patetico di me avrebbe suonato con il suo bel petto di pollo nudo per penultimo dall'alto dei suoi sessantacinque anni biondi? Andare a casa, triste e beffata dalla sfiga nera?
Onestamente, col cazzo.
Ho preso una birra gelata per una cifra spropositata, mi sono messa in mezzo alla folla e ho assaporato tutto il gusto dell'attesa.
Prima i Social Distortion, poi Iggy Pop e poi loro, la magia, la meraviglia, il piacere auditivo e orale, la carica erotica che è esplosa con l'intro di "Burning Bridges".


sabato 3 luglio 2010

Liebe Ist Für Alle Da

Siamo rimasti pigiati come mosto per una ventina di minuti.
Tutti sudati, sporchi, puzzolenti uno adeso all'altro per venti interminabili minuti.
E' che non ci facevano uscire, non so perché.
Quando mi è passato di fianco un orco con un gilet di jeans e la scritta "Hell's Angel" sulla schiena ho proprio pensato che fossimo alla frutta.
La tipa vicina a me blaterava incredula che neanche per Marilyn Manson ha avuto problemi, neanche al Gods del duemilavattelapesca era capitato niente del genere.
Poi hanno aperto le porte.
Meno male, non la sopportavo più.
Fuori.

E' partita e neanche l'ho riconosciuta.
Come un'idiota cantavo senza capire cosa.
Poi ho capito e mi si è riempito il cuore, e non avevano più tanta importanza il caldo, la terra nelle scarpe, la fatica, il sudore.

Come al solito avevo davanti due sedani irremovibili e adolescenti, data la scarsità di barba e i lineamenti ancora troppo dolci per avere più di diciott'anni.
E' che quelli alti ai concerti non pensano che dietro c'è sicuramente qualcuno più basso.
Tanto meno se sono due alti sedani che non si muovono di un millimentro.
Per te un ballo indiavolato corrisponde ad un impercettibile cenno del capo a ritmo di musica? Perché non stai dietro allora?
E dannazione, ho scavalcato i sedani per vedere il concerto in technicolor dagli schermi da due pollici di tutte le fotocamere e da tutti i cellulari che fotografano e filmano e non si lasciano sfuggire neanche un secondo del concerto tanto che inizio a pensare di essere l'unica che lo guarda dal vivo.

Ooooh, anche i fuochi d'artificio! E le fiamme!

Uh, chissà chi sono questi? Sui biglietti c'è sempre scritto il nome del gruppo principale, mica quello di chi apre il concerto. Magari se la menano un po' troppo, tutto sommato sono un gruppetto qualsiasi, chi li conosce? Beh, cielo, qualcuno che canta c'è qui attorno, anche qualcuno che partecipa. Sarà che sono io poco aggiornata. Magari la rete mi avrebbe dato una risposta, a fare la domanda giusta, non mi sono preoccupata di chiedere.

Aaaah, finalmente un panino con la salamella e una birra prima di inziare!
Hmm, quanta gente però. Ehi, quella la conosco!
L'unica data italiana per quest'anno e per gli scorsi cinque anni, c'è tanta gente, anche dall'estero, e mi sento molto a mio agio, sto proprio bene.
Che buffa la signora di prima al bar che si guardava intorno con gli occhi sgranati. Questa cittadina beige non dev'essere abituata a veder arrivare tanti marziani, tutti insieme, che la invadono e la tengono sveglia, con quella musica che non è musica ma è rumore, con quegli occhi truccati e quei capelli colorati. Sicuramente sono perdigiorno drogati.

L'abbiamo saputo all'inizio dell'anno.
A fine 2009 sono uscite le date del tour e non c'era l'Italia. C'era tutta l'Europa ma l'Italia no. Probabilmente era difficile trovare un accordo. Probabilmente era difficile smuovere certi impinguinati dalle loro ottuse considerazioni su cose che non sono per forza musica melodica.
Poi hanno comunicato una data e vai a comprare i biglietti e sbrigati che poi finiscono.
Poi sono finiti.