Un mese fa ho adottato un gattino. Un ragnetto magro e spelacchiato che mia cognata ha trovato in un fosso mentre faceva jogging, abbandonato con i suoi due fratellini da qualche progenie di operatrici erotiche a buon mercato.
Inizialmente il mio monolocale è stato invaso da lettiere bio, cibo med e da un'enorme gabbia-dépandance in cui accogliere il ragnetto e il fratellino in attesa di svezzamento e del ritorno dalle vacanze del mio di fratello, poi, circa un paio di settimane fa, mi libero della gabbia e il fratellino viene accolto come un principe dalla sua nuova famiglia adottiva, così io e Maki restiamo a quattr'occhi.
Che diventano sei e, saltuariamente, otto o dieci.
Perché io lavoro, e vuoi lasciare il piccolo - che nel frattempo s'è impadronito di qualsiasi superficie morbida della casa - tutto solo e triste durante il giorno?
Comincia così il pellegrinaggio al cospetto del piccolo fenomeno da baraccone del parentado prossimo che si stringe e commuove nel vederlo, in ordine sparso, rosicchiare le mie scarpe, distruggere i miei libri, attaccarsi alle mie tende e fare Tarzan, farsi le unghie sul mio divano e sfondarsi di cibo.
Mia madre, mio padre, mio cugino, mio fratello.. Alle volte anche la vicina.
Ma va bene, se avete voglia di fargli compagnia non c'è problema.
L'altra sera sono sul treno che mi riporta a casa, stropicciata e sfatta dopo una giornata di lavoro, dormicchio e penso al gelato che è nel freezer. Ci penso come premio consolatorio per una giornata che mi ha caramellata, letteralmente. Penso a gustarmelo, un cucchiaino alla volta, una goccia di cioccolata dopo l'altra.
Arrivo a casa, metto via la macchina e entro. Ci sono i miei genitori, entrambi, mia mamma con in braccio il ragnetto dormiente.
"Gli facevamo compagnia" dicono. "Abbiamo cenato qui per non lasciarlo da solo" dicono. "Ah, ti abbiamo finito il gelato".
Inizialmente il mio monolocale è stato invaso da lettiere bio, cibo med e da un'enorme gabbia-dépandance in cui accogliere il ragnetto e il fratellino in attesa di svezzamento e del ritorno dalle vacanze del mio di fratello, poi, circa un paio di settimane fa, mi libero della gabbia e il fratellino viene accolto come un principe dalla sua nuova famiglia adottiva, così io e Maki restiamo a quattr'occhi.
Che diventano sei e, saltuariamente, otto o dieci.
Perché io lavoro, e vuoi lasciare il piccolo - che nel frattempo s'è impadronito di qualsiasi superficie morbida della casa - tutto solo e triste durante il giorno?
Comincia così il pellegrinaggio al cospetto del piccolo fenomeno da baraccone del parentado prossimo che si stringe e commuove nel vederlo, in ordine sparso, rosicchiare le mie scarpe, distruggere i miei libri, attaccarsi alle mie tende e fare Tarzan, farsi le unghie sul mio divano e sfondarsi di cibo.
Mia madre, mio padre, mio cugino, mio fratello.. Alle volte anche la vicina.
Ma va bene, se avete voglia di fargli compagnia non c'è problema.
L'altra sera sono sul treno che mi riporta a casa, stropicciata e sfatta dopo una giornata di lavoro, dormicchio e penso al gelato che è nel freezer. Ci penso come premio consolatorio per una giornata che mi ha caramellata, letteralmente. Penso a gustarmelo, un cucchiaino alla volta, una goccia di cioccolata dopo l'altra.
Arrivo a casa, metto via la macchina e entro. Ci sono i miei genitori, entrambi, mia mamma con in braccio il ragnetto dormiente.
"Gli facevamo compagnia" dicono. "Abbiamo cenato qui per non lasciarlo da solo" dicono. "Ah, ti abbiamo finito il gelato".
1 commenti:
Nooooo...come hanno potuto!! :-o
A quando una foto del gattino?
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