sabato 16 ottobre 2010

Train in vain

Non è che abbia molto da raccontare, ultimamente.
Passata la novità del gattino, passato il dopo-vacanza in Irlanda, passato il trasloco non è che sia successo poi così tanto nella mia vita.
Diciamo che le mie giornate si spendono tra viaggi in treno, marciapiedi milanesi e poco tempo a casa a fare il bucato, le pulizie e a cazzeggiare online.
Beh, ho comprato un (altro) computer. Adesso nel mio microlocale sono a quota quattro - ma è meglio non fare domande.
Prendo il treno, pendolo tra la bassa provincia e la metropoli tentacolare, non mi arrabbio neanche più per la costanza quasi rassicurante dei ritardi delle ferrovie italiane. Ormai vado in stazione a qualsiasi ora, il mio treno è sempre in ritardo.
Ah, no, una cosa da raccontare posso anche averla, ma devo fare una digressione veloce.
Ho dato il mio primo bacio davanti ad un tramonto sul mare, sulla panchina del parco di un campeggio pugliese, in uno scorcio talmente romantico da alzare la glicemia, al ragazzo più ambito del campeggio. Beh, il più ambito per un buon quarto d'ora.
Era quello con la chitarra: quando lui raccoglieva il gruppo attorno alla "Canzone del sole", le mie amiche erano tutte lì a far pollaio nonostante fossero tutte accessoriate da fidanzati calciatori abbronzati e alla moda.
Finite le vacanze, la nostra emozionante storia d'amore, consumata in dieci giorni di limone duro rigorosamente vestiti, ha resistito poco all'inizio delle mie scuole superiori, la fine di settembre è stata anche la fine della nostra storia.
L'altra mattina arrivo sul binario tre, abbracciata dalla mia giacchetta pelosa, ancora un po' stropicciata dal sonno, e lo vedo. Mi saluta. Non abbiamo mai smesso in realtà di salutarci, ci mancherebbe, ma è strano comunque, sarà che sono anni che non ci parliamo, sono passati quindici anni da quella panchina al campeggio pugliese, e a parte una serata in cui per amicizie comuni ci siamo trovati allo stesso tavolo di un pub, le nostre strade non si sono  più incrociate.
Ieri mattina parcheggia la macchina vicino alla mia e mi aspetta per entrare in stazione. Due chiacchiere, senza convenevoli, ci siamo aggiornati sul cosa facciamo e dove viviamo adesso. Un po' come se questi ultimi quindici anni non fossero neanche passati.
Poi abbiamo preso treni in direzioni opposte.

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